
Arriva dall’oriente lo Shibori una nuova frontiera per la colorazione dei tessuti.
Si chiama Shibori, una tecnica ancora poco conosciuta nei Paesi occidentali ma che in Asia è molto diffusa.
Nata in Giappone, in questa particolare modalità per la tintura i tessuti vengono legati prima di essere immersi nel colore. Ciò permette di ottenere delle decorazioni astratte molto particolari ed originali, diverse da ogni altro capo che si può trovare in vendita.
Rispetto ad altre tecniche più conosciute qui in Europa come ad esempio il “tye and dye”, lo Shibori si distingue perché ha come peculiarità di permettere disegni decisamente più fantasiosi. Con questa tecnica vengono spesso utilizzate tinture che si ottengono da alimenti di tipo vegetale come la barbabietola da zucchero oppure dal glicine.
Il nome di questa tecnica deriva dal giapponese Shibori che significa ritorcere o stringere e descrive perfettamente il modo in cui i vestiti vengono stretti per proteggere alcune parti che non verranno tinte.
In realtà lo Shibori è una tecnica antica essendo stato il primo abito decorato con questa tecnica nell’VIII secolo.
Esistono un’infinità di metodi con cui si possono legare, cucire, piegare, attorcigliare o pressare il tessuto attraverso lo Shibori ed ognuno di essi permette di ottenere un disegno diverso. Ciascuna variante , inoltre, non viene impiegata solo per realizzare una specifica trama ma anche in base al tipo di stoffa che si lavora.
E’ possibile anche che vengano utilizzate tecniche diverse per la colorazione di un medesimo capo ottenendo così una trama ancora più complessa.
Esiste infatti il Kanoko-Shibori, tecnica simile a quella che da noi è chiamata tintura a riserva. Consiste in pratica nel legare alcune parti della stoffa per ottenere lo schema desiderato.
ll Miura-Shibori è invece conosciuta anche come tintura ad anello e consiste nello strappare pezzi di stoffa con un ago uncinato. Successivamente, poi, intorno ad ogni sezione viene attorcigliato un filo per due volte. Il filo però non viene annodato e le sezioni vengono tenute ferme dalla sola tensione del filo ottenendo un disegno finale che richiama le forme dell’acqua che scorre. Questa tipologia di Shibori è molto utilizzata proprio perché il tessuto lavorato con questa tecnica è molto semplice da legare e slegare.
Nel Kumo-Shibori, invece, convergono piegatura e legatura e consiste nel piegare parti del tessuto con precisione e uniformità prima di legarlo in porzioni molto vicine.
Esiste poi il Nui-Shibori, in cui si usa un punto filza semplice che viene tirato molto forte per attorcigliare il tessuto. Ogni filo, inoltre, è messo in sicurezza annodandolo prima della colorazione. Questo metodo, il più dispendioso, permette di ottenere però una più ampia varietà di motivi.
Un’evoluzione di questa tecnica è l’Arashi-Shibori, nota anche come Shibori con avvolgimento sul palo ed è composto dalla parola Arashi che in giapponese significa tempesta. Il tessuto viene avvolto in diagonale da un estremo, quindi viene legato stretto con un filo che avvolge l’estremità sopra e sotto e, successivamente, viene appallottolata la stoffa avvolgendola sull’estremità legata. Il risultato sarà così una stoffa piegata con un disegno in diagonale.
Infine è presente anche l’Iajime-Shibori che è una tecnica di resistenza delle superfici. In questo caso il tessuto viene pressato tra due pezzi di legno tenuti fermi da una corda. Artigiani più moderni possono utilizzare anche superfici ritagliate, in resina acrilica e plexiglass, tenute ferme da una morsa a vite che evitano così che il colore penetri nella stoffa da esse ricoperta.